Il processo di modellizzazione è alla base della scienza moderna. Da un lato vi è un sistema fisico, ad es. il sistema solare e dall'altro troviamo un modello matematico: punti in uno spazio a tre dimensioni ed equazioni che ne descrivono il moto. Tra il modello e la realtà vi è una corrispondenza: il moto matematico dei punti coincide con il moto osservato dei corpi celesti. Questo è un miracolo.
“Ci siamo abituati talmente a questo miracolo da non pensarci più, eppure continua a restare un mistero, quanto meno per chi scrive queste righe”. Tale affermazione è estratta da “Come funziona il caos – Dal moto dei pianeti all'effetto farfalla” di Ivar Ekeland (Bollati Boringhieri 2010). Ed effettivamente Ivar Ekeland ci ha pensato molto: leggendo il suo testo si comprende benissimo quanta fatica faccia un divulgatore per farsi capire dal grande pubblico. Il risultato è davvero ammirevole, assolutamente in linea con le buone indicazioni fornite da Amedeo Balbi ne “L'apologia di un divulgatore”.
Ma torniamo ai modelli. Ne esistono due tipi: stocastici e deterministici. “Un modello è stocastico se, ad un istante dato, richiede che qualcuno lanci i dadi per usare il risultato del lancio. Nell'ambito della fisica moderna si calcolano delle probabilità: la probabilità che un elettrone passi da un'orbita atomica ad un'altra, la probabilità che un nucleo si disintegri (...)” scrive Ekeland. Si tratta di situazioni in cui non sappiamo cosa succederà in futuro; possiamo semplicemente stilare un elenco di eventi e a ciascuno assegnare una determinata probabilità di verificarsi.
Decisamente più utili sono i modelli deterministici, grazie ai quali è possibile predire gli stati futuri e ricostruire quelli antecedenti, poiché “l'evoluzione del modello è determinata interamente dal suo stato attuale” (tutti i virgolettati di riferiscono a citazioni di Ekeland, salvo dove sia diversamente specificato). Se non esistessero altri tipi di modelli il modello apparirebbe piuttosto triste: o gli esseri umani sono foglie in balia di venti ingovernabili (modelli stocastici) oppure tutto ciò che succede ora determinerà in modo ineluttabile e fatalistico il nostro futuro (modelli deterministici).
Fortunatamente esiste la teoria del caos che, innanzitutto, fornisce nuovi modelli per rappresentare fenomeni irregolari o aleatori. Si tratta di modelli deterministici ma caotici: non serve la presenza (ingombrante) di un lanciatore di dadi, ma si lascia posto anche al caos, cosa che implica “associare una dimensione all'imprevedibile”. In pratica, in matematica sono stati elaborati nuovi strumenti: sta poi al fisico o al biologo o anche all'economista scegliere i mezzi migliori per modellizzare la realtà oggetto del loro studio.
D'altronde, a tal proposito, Ekeland scrive: “La teoria del caos è, come la geometria euclidea o la teoria dei numeri, un insieme di risultati matematici dotati di vita propria, indipendentemente dal fatto che si possa applicare o meno a dei fenomeni osservabili”.
Molti pensano che l'incertezza sia necessariamente legata alla complessità. Eppure è possibile generare il caso “anche attraverso meccanismi molto semplici”. Così, anche se vi è un ridotto numero di fattori e ciascuno di essi è fonte di casualità autonoma, il sistema è caotico. Ma come è possibile che un sistema caotico sia anche deterministico? “La risposta sta in quel labile margine che separa lo zero matematico dal quasi niente, l'esattezza assoluta dalla migliore approssimazione possibile”. Purtroppo non siamo in grado di ottenere una precisione senza limiti, né in merito alle condizioni iniziali del sistema, né relativamente ad ogni tappa futura di evoluzione dello stesso. E ciò potrebbe farci sentire completamente impotenti di fronte alla realtà che ci circonda. Tutte le simulazioni numeriche, fornite dai grandi calcolatori, sembrerebbero di fatto inutili.
In realtà, e fortunatamente, esiste lo “shadowing lemma (il lemma dell'orbita ombra)”: esso “ci assicura che, in un certo senso, l'incertezza sulla posizione iniziale e gli errori di arrotondamento si compensano”. Così, sebbene si commettano errori, è possibile calcolare traiettorie “giuste”, grazie – paradossalmente – all'instabilità tipica dei sistemi caotici. Ma dobbiamo sempre tener conto che, fra il modello e la realtà, c'è il calcolo. “Non diremo mai più: questa equazione rappresenta questo fenomeno. Bisognerà aggiungere: il sistema è caotico, il suo tempo caratteristico è di tot, sappiate che al di là di quest'ultimo certi calcoli non rappresentano più nulla (...)”. Ai limiti fisici eravamo già abituati, ora “bisognerà abituarsi al fatto che le teorie abbiano anche dei limiti numerici”.
Walter Caputo
mercoledì 28 dicembre 2011
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